domingo, 23 de noviembre de 2014

Riepilogo








LA SOCIETÀ CIVILE IN HEGEL
Critica e ricostruzione concettuale


Traduzione di Dante Pattini

Ediciones del Pilar, Buenos Aires, 2014, 179 pagine






Il progetto etico sviluppato da Hegel nei suoi Lineamenti di Filosofía del Diritto contemplava di recuperare la bella totalità della polis greca – ideale giovanile a cui non rinunciò mai – senza perciò negare all’individuo – e qui la novità della sua concezione etica matura – il legittimo diritto a una esistenza libera e autonoma. Ma nello sviluppare il principio della particolarità, nucleo del concetto di società civile, il suo movimento immanente e necessario sfociò, direttamente, in crisi economiche strutturali, i cui conflitti civili minacciavano di infiltrarsi nel campo politico, rendendo illusoria quella riconciliazione etica sostanziale che Hegel si aspettava dallo stato. Fu allora che, per salvare il suo progetto politico, incompatibile con l’antagonismo sociale che le crisi generano, relegò quest’ultime su un secondo piano concettuale ed espositivo in contraddizione con i suoi stessi principi metodologici.
Nel presente lavoro l’autore propone di sviluppare una ricostruzione concettuale ed espositiva della società civile, al fine di ripristinare lo spiegamento dialettico interno, scartando le determinazioni non pertinenti ed estranee alla sua razionalità, le determinazioni spurie su cui Hegel costruì l’utopia di uno Stato che riconcilia senza fratture gli interessi particolari con i fini universali della comunità.






La versione spagnola di questo saggio di Mazora appare nella bibliografia su Hegel nella Historia de la filosofía di Antiseri e Reale (Ed. San Pablo, Bogotá, 2010) e nella Enciclopedia de obras de filosofía diretta da Franco Volpi (Ed. Herder, Barcelona, edizioni 2005 e 2011).




Martín Mazora è nato a Buenos Aires nel 1954, e risiede attualmente a Gorizia (Italia). È Professore di Filosofia, formatosi all’Università di Morón (Argentina). Ha insegnato e fatto ricerca presso questa Università, in quella di Buenos Aires e nella Università Nazionale di San Martín, dove ha anche ricoperto la carica di Pro-Rettore per gli affari accademici. È curatore e autore nel volume Saber del Tiempo, Tiempo del Saber (1997) e autore di tre saggi: La Sociedad Civil en Hegel. Crítica y reconstrucción conceptual  (2003), Espíritu y lógica del cristianismo. Dos ensayos sobre Hegel (2005), e Marx discípulo de Engels. Una lectura no marxista de la génesis del marxismo, di prossima pubblicazione. Inoltre, è autore di tre romanzi: María Magdalena condenada (2004), El doble y sus copias (2008) e Mefisto malherido (2015).




Nuova edizione: Aracne editirce, Ariccia 2015, 172 pagine






LA SOCIETÀ CIVILE IN HEGEL
Critica e ricostruzione concettuale



INDICE


PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA

INTRODUZIONE

     1. Logica dialettica ed eticità
     2. Spiegamento concettuale dei Lineamenti di Filosofia del diritto


I. LA SOCIETÀ CIVILE: VIZI CONCETTUALI ED ESPOSITIVI (IPOTESI)

3. La crisi di sovrapproduzione e il mercato mondiale-coloniale
     4. La crisi di sovrapproduzione e la dimostrazione scientifica del concetto di stato
     5. Una partizione espositiva estranea alle determinazione del concetto
     6. Crisi della corrispondenza strutturale tra logica e diritto
     7. Differenza delle abilità o disuguaglianza dei patrimoni?
     8. Necessità di una ricostruzione concettuale ed espositiva della società civile


II. ANALISI CRITICA DELLA STRUTTURA ESPOSITIVA
     DELLA SOCIETÀ CIVILE

     9. La società civile secondo l’ordine dell’esposizione
     10. La dialettica: un percorso circolare, non una linea retta
     11. Critica della divisione tripartita del capitolo
     12. Bilancio provvisorio


III. COMPLESSITÀ DEL PASSAGGIO DALLA SOCIETÀ CIVILE
     ALLO STATO

     13. Il sistema dei bisogni
     14. Possibilità condizionata di partecipazione al patrimonio generale
     15. La necessaria disuguaglianza dei patrimoni e le abilità
     16. Tre mediazioni parallele


IV. RISCATTO CONCETTUALE DEL PRINCIPIO DELLE
     DISUGUAGLIANZE PATRIMONIALI

     17. Risignificazione concettuale del sistema dei bisogni
     18. La crisi di sovrapproduzione come contraddizione dialettica del concetto
     19. Le disuguaglianze patrimoniali e il concetto di classe
     20. Il potere di polizia come unica Aufhebung della eticità civile
     21. Risultati del riscatto concettuale


V. DEPURAZIONE DELL’ARGOMENTO DELLA
     DIFFERENZA DELLE ABILITÀ

     22. Irrilevanza concettuale della teoria degli Stände
     23. Anacronismo della corporazione dei maestri
     24. Insostanzialità concettuale della Aufhebung corporativa
     25. La differenza delle abilità e la sua proiezione sullo stato
     26. Il nucleo classista delle nozioni hegeliane di Stand e corporazione
     27. Conseguenze politiche della depurazione concettuale e storica


VI. IL CONCETTO DI MERCATO MONDIALE-COLONIALE

     28. Il verace fondamento della Filosofia del diritto
     29. Limiti della sovranità e indipendenza dello stato hegeliano
     30. Il mercato mondiale-coloniale come chiave della storia moderna e contemporanea
     31. Popoli dominanti e popoli arretrati nella storia universale

APPENDICE I: Analisi critica dei lavori di J.E. Dotti e G. Marini

APPENDICE II: L’Antropologia dialettica di Darcy Ribeiro

APPENDICE III: Riepilogo

BIBLIOGRAFIA






I. LA SOCIETÀ CIVILE: VIZI CONCETTUALI ED ESPOSITIVI (IPOTESI)


3. Le crisi di sovrapproduzione
e il mercato mondiale-coloniale

Con il concetto di società civile [1] – istanza di scissione etica tra la famiglia e lo stato – Hegel pensa alla complessa rete di relazioni e istituzioni sociali, economiche e giuridiche della società capitalista industriale, una rete che, in principio, era già stata spiegata dall’Economia politica classica: “Smith, Say, Ricardo” (FD.Ann.§189). Ma fu una sua originalità aver concepito questa trama socioeconomica – e “concepire” in Hegel ha sempre implicazioni di Notwendigkeit [necessità logica] – nel contesto di una totalità più ampia, e pertanto più concreta, di quella della sola società civile. Ed Hegel si rende conto del fatto che lo sviluppo del processo produttivo, “quando opera senza impedimenti”, accresce in tal misura “l’accumulazione delle ricchezze” (FD.§243) che l’offerta dei beni arriva a superare la capacità di assorbimento del mercato interno. C’è un “eccesso di ricchezza” che, paradossalmente, genera un “eccesso di povertà” (FD.§245), e dato che si rende necessario ridurre il ritmo di produzione appare il fenomeno della disoccupazione, con il che il livello della domanda si comprime sempre più, aggravando, di conseguenza, gli effetti recessivi del processo. Queste crisi di sovrapproduzione, e il loro caratteristico circolo vizioso, tennero in bilico il sistema capitalistico fin dalle prime tappe della rivoluzione industriale. Marx vi intravvide il germe che, inesorabilmente, avrebbe condotto il sistema al suo stesso annichilimento [2]. Hegel, al contrario, vide in questa contraddizione immanente alla società borghese un principio vivificante della sua industria e del suo commercio, nella misura in cui, obbligandola a conquistare colonie (FD.§246), creava le condizioni necessarie non solo a superare gli scombussolamenti e preservare l’equilibrio del sistema, ma anche ad assicurare nuove opportunità di espansione economica, proprio come avvenne. Con il colonialismo, il commercio finì per strutturarsi come un mercato mondiale [3] (FD.§247) coloniale (FD.§248), ed è precisamente nel contesto di questa totalità più ampia che, secondo Hegel, si deve concepire la dialettica propria della società civile moderna.

Proponiamo, quindi, una lettura del secondo capitolo dell’eticità in termini di uno sviluppo dialettico, di modo che quella contraddizione fra l’“eccesso di ricchezza” e l’“eccesso di povertà”, e la sua conseguenza obbligata, la configurazione di un mercato mondiale-coloniale, si mostrino per ciò che effettivamente sono: anelli necessari di un concatenamento logico immanente. In altre parole: il movimento della società civile sfocia necessariamente in crisi economiche strutturali; queste, a loro volta, obbligano – sempre necessariamente – al colonialismo, unica via per il loro superamento. Sopra la configurazione di un mercato mondiale-coloniale poggia, quindi, la possibilità stessa della società civile borghese.


4. Le crisi di sovrapproduzione e la dimostrazione
scientifica del concetto di stato

È chiaro, però, che senza stato non ci sarebbe la possibilità di estendere il commercio su scala mondiale né di conquistare popolazioni straniere a cui esportare le eccedenze economiche e demografiche provocate dalle crisi (FD.§§247-248); non ci sarebbe la possibilità di implementare piani di previdenza sociale, prevenzione e controllo del conflitto al fine di garantire la pace interna (FD.§§231-242); infine, non ci sarebbe la possibilità di orchestrare politiche estere e interne capaci di neutralizzare le nefaste conseguenze socioeconomiche degli squilibri ciclici, squilibri che la società stessa genera e che, tuttavia, è incapace di superare da sola. Pertanto, per dimostrare il predominio della razionalità politica su quella civile – obiettivo principale di questa opera hegeliana – non c'è bisogno di invocare imperativi morali o giudizi soggettivi esterni, ma solo necessità immanenti al sistema produttivo stesso. Il fatto è che, senza l'aiuto dello stato, le crisi di sovrapproduzione distruggerebbero la società civile. Da qui, pertanto, Hegel presenta l’eticità politica non come il frutto di una proposta normativa, non come un progetto etico personale, bensì come la ultima e necessaria determinazione dell’idea di diritto [4].

“Nella conoscenza filosofica – avverte l’autore – è la necessità [Notwendigkeit] di un concetto la cosa principale, e l’andamento dell’esser divenuto, come risultato, è la sua dimostrazione e deduzione” (FD.Ann.§2). In questa breve considerazione circa la necessità del concetto e del suo risultato come fondamento dello stesso, Hegel esplicita due chiavi fondamentali della sua concezione dialettica, chiavi che per lo stesso motivo faranno da principi reggitori nella ricostruzione della società civile che cercheremo di svolgere in questo lavoro. Ciò ci permetterà di esaminare e sottoporre a giudizio il testo hegeliano sulla base delle sue proprie esigenze metodologiche. Scopriremo, allora, la rilevanza teorica delle crisi di produzione, giacché sono queste che installano in seno alla società civile la Notwendigkeit di un trapasso alla razionalità superiore dello stato. È solo in virtù di tale necessità intrinseca che il risultato di uno spiegamento concettuale giunge a ergersi, e con assoluta legittimità, a fondamento ultimo del tutto. In filosofia – leggiamo nella Scienza della logica –, “l’andare innanzi è un tornare addietro al fondamento, all’originario ed al vero, dal quale quello, con cui si era incominciato, dipende, ed è, infatti, prodotto” [5]. Ne deriva che, anche se “nell’andamento del concetto scientifico lo stato appare come risultato, [...] nella realtà [Wirklichkeit] è piuttosto il primo, soltanto entro di esso la famiglia si modella a società civile, ed è l’idea dello stato stesso, la quale – conclude Hegel – si dirime in questi due momenti” (FD.Ann.§256).

Se non si tenesse conto, quindi, delle crisi economiche come istanza di contraddizione dialettica del processo produttivo, non risulterebbe sostenibile “la dimostrazione scientifica del concetto dello stato” (FD.Ann.§256) che Hegel persegue nelle sue Grundlinien. Senza di esse l’ambito socioeconomico apparirebbe in una connessione esterna rispetto a quello politico; in nessun modo lo stato potrebbe essere considerato il “risultato” necessario dello spiegamento concettuale e, parimenti, “fondamento” ultimo dell’eticità (FD.Ann.§256).


5. Una partizione espositiva estranea
alle determinazioni del concetto

Nella Scienza della logica, e a proposito della questione delle sue divisioni e suddivisioni interne, Hegel ricordava la necessità che le stesse si trovassero “connesse col concetto, [perché] nella maniera filosofica di dividere è il concetto stesso quello che si deve mostrare [muss zeigen] [6] come fonte delle sue determinazioni” [7]. E per quel che riguarda le Grundlinien, immediatamente dopo l’Introduzione – Ann.§33, intitolato Partizione –, incontriamo nuovamente la stessa esigenza metodologica: “Una partizione filosofica è in genere non una partizione esteriore, classificazione esterna di un materiale sussistente, fatta secondo un qualsiasi o più criteri di partizione accolti, bensì l’immanente differenziazione del concetto stesso”. A giudizio di Hegel, pertanto, la partizione dello sviluppo espositivo non deve dipendere dalla decisione soggettiva dell’autore o da criteri esterni scelti arbitrariamente, bensì deve rispondere alle determinazioni oggettive del concetto di volta in volta considerato. L’indice dell’opera filosofica non sarà, allora, un mero catalogo dei contenuti trattati, ma una riproduzione del divenire necessario del concetto, da un’iniziale unità astratta, passando attraverso il processo di contraddizione interna, fino a sfociare nella Aufhebung finale, risultato e fondamento ultimo di tutto il movimento.

Come abbiamo visto, la partizione generale dell’esposizione della Filosofia del diritto dà conto di un tale spiegamento dialettico: A) diritto astratto o “immediato”, B) moralità o “la volontà riflessa entro di sé”, e C) eticità, come “l’unità e verità” dei due momenti precedenti. A sua volta, ciascuno di questi tre stadi riproduce, in sé, il movimento triadico del tutto. Così, per esempio, l’eticità si suddivide in a) famiglia, unità etica naturale basata sui vincoli di sangue, b) società civile, stadio della differenza e dispersione etica dei singoli, e c) stato, unità sostanziale in cui gli individui conducono una vita universale. Nel paragrafo 33 – dove si espongono queste divisioni interne dell’opera – troviamo a loro volta esplicitate le rispettive suddivisioni delle tre istanze etiche. Ora, nel corso del suo scritto politico, Hegel offre gli argomenti che, in misura maggiore o minore, giustificano il luogo specifico che ciascuno dei momenti segnalati occupa nella struttura triadica corrispondente. Tuttavia, e al di là dell’apparenza dialettica che mostra la partizione, non sarebbe possibile concepire i tre momenti (espositivi) della società civile in termini di movimento dialettico. Perché, chiaramente, non ogni tripartizione è per questo quella singolare triade logica; e il fatto che l’amministrazione della giustizia occupi il momento intermedio della partizione non significa che essa rappresenti la contraddizione interna dello spiegamento concettuale; né che la corporazione, occupando l’ultimo, sia la Aufhebung che annulla e conserva i due momenti precedenti. Tutto il problema nasce – questa è l’ipotesi centrale del nostro lavoro – dal fatto che la partizione espositiva del capitolo non corrisponde alle determinazioni necessarie e immanenti al concetto di società civile dispiegato nel testo. La celebre partizione tripartita (A. Sistema dei bisogni, B. Amministrazione della giustizia, C. Potere di polizia e Corporazione) non contempla le crisi economiche come una determinazione rilevante dell’eticità civile nonostante costituiscano la contraddizione del sistema produttivo, quella che giustamente vi installa la necessità dialettica di un trapasso all’ambito dello stato.

Questo divorzio tra l’ordine dell’esposizione e l’ordine del concetto non si riduce – come si potrebbe credere – a una questione puramente formale, ma racchiude conseguenze di contenuto. Perché le fasi di un movimento dialettico acquistano il loro significato reale e concreto precisamente in connessione con lo spiegamento totale dell’idea, spiegamento che la partizione espositiva deve riprodurre in maniera fedele e puntigliosa, per valere allora come chiave di intellegibilità e comprensione del concetto, tanto per ciò che concerne i suoi aspetti particolari, quanto per il suo aspetto universale. Le determinazioni particolari – avverte Hegel – non devono essere considerate “isolatamente e astrattamente, bensì invece come momenti dipendenti di una totalità; [solo] in questa connessione esse ricevono il loro verace significato, così come per tal mezzo la loro giustificazione” (FD.Ann.§3). Ed è, esattamente, nella partizione espositiva che appare (o dovrebbe apparire) esplicitata la configurazione globale del concetto, la connessione strutturale dei differenti momenti particolari con la totalità.

Vedremo che proprio per non essersi resi conto di quel divorzio e, di conseguenza, aver supposto che la struttura dell’esposizione corrisponde alla struttura del concetto – assimilando l’una all’altra –, molti interpreti delle Grundlinien hanno perso il significato specifico della società civile nei suoi distinti momenti e nel suo insieme.


6. Crisi della corrispondenza strutturale
tra logica e diritto

Nel suo scritto politico, Hegel sottolinea, espressamente e in più occasioni, la corrispondenza tra lo spiegamento concettuale dell’idea di diritto e il divenire dell’idea nella Scienza della logica. Già nel prologo all’opera fa le sue prime precisazioni al riguardo: “Ho sviluppato estesamente la natura del sapere speculativo nella mia Scienza della logica; in questo compendio è stata perciò soltanto aggiunta qua e là una dilucidazione su procedimento e metodo” (FD.Pref.p.4; S.4) [8]. Questa corrispondenza tra logica e diritto, tuttavia, non è circoscritta a questioni di metodo, come quelle citate nei paragrafi precedenti – esigenze metodologiche che fungeranno da guida nella ricostruzione concettuale ed espositiva che ci proponiamo di portare a termine –, bensì raggiunge una dimensione strutturale che vizia alla radice la conclusione politica proclamata da Hegel in chiusura dell’opera, contestando persino la stessa dialettica come metodo filosofico di conoscenza. Perché sul presupposto di una tale simmetria veniva garantito che l’unità finale raggiunta al di sopra di ogni dualismo nel campo della logica pura (ci riferiamo alle opposizioni finito-infinito, uno-molteplice, identità-differenza ecc.) si sarebbe imposta anche negli ambiti concreti del diritto (quello morale, economico, sociale, giuridico e politico), superando in maniera graduale le distinte opposizioni inerenti agli stessi (fine egoistico - benessere collettivo, interesse particolare - interesse universale, patrimonio individuale - patrimonio generale ecc.). In questo modo, Hegel si è assicurato in anticipo il compimento del proprio ideale etico di una unità politica “sostanziale” (FD.§258) a prescindere dai mutamenti che sarebbero potuti sorgere durante lo sviluppo concettuale dell’oggetto lì considerato[9]. Ciò nonostante, giunti al concetto di società civile – e questo è ciò di cui dovremo occuparci in maniera specifica in questo lavoro –, quella correlazione soffre, diciamo così, una sorta di cortocircuito logico. Fino ad allora tutto faceva presumere che anche lo stato avrebbe consumato la Aufhebung totale che paradigmaticamente realizza l’idea assoluta nella Scienza della logica. Ma subito dopo aver spiegato il concetto di società civile, con tutta la ricchezza delle sue opposizioni e antagonismi interni, il movimento necessario dello stesso è sfociato in quelle crisi economiche che minacciavano di trasferire sul terreno politico i conflitti e i risentimenti classisti da queste generati, rendendo illusoria una sintesi finale delle differenze etiche nella sfera ultima dello stato[10].

L’insuperabile ostacolo alla realizzazione del suo ideale politico rappresentato da una società divisa in classi indusse Hegel a praticare una inammissibile manipolazione sullo spiegamento concettuale stesso, con il proposito di restaurare la corrispondenza logico-etica perduta. Fu così che, con lo sguardo rivolto al modello corporativo dell’eticità medievale, dispiegò una linea argomentativa sulla base della divisione del lavoro (FD.§198) e la differenza delle abilità (FD.§200), articolando in essa gli Stände [11] e la corporazione come se realmente costituissero momenti necessari della moderna razionalità economica. Ha poi imposto all’esposizione del capitolo una partizione estranea alle determinazioni interne del concetto, una partizione che – come abbiamo visto – non tiene in considerazione il momento riflesso dello stesso, cioè quello delle crisi produttive, la contraddizione immanente al sistema economico liberale. E avendo inserito la corporazione nella terza fase della partizione, quella corrispondente alla Aufhebung in una triade dialettica, è riuscito a creare – e a crearsi – l’apparenza di aver riconciliato il movimento antagonistico della società capitalista e aver sgombrato il cammino per la realizzazione dell’unità concreta nell’ambito dello stato.


7. Differenza delle abilità o
diseguaglianza dei patrimoni?

Nel paragrafo 200 e nella relativa Annotazione, giusto prima di spiegare la sua teoria degli Stände, Hegel ammette che la società civile, lungi dall’eliminare la diseguaglianza degli uomini creata dalla natura, la riproduce, anche se a partire da condizioni sociali, raggruppando i suoi membri in funzione della “diseguaglianza dei patrimoni e delle attitudini [12] [Geschicklichkeiten: abilità]” (il corsivo è di Hegel), diseguaglianze che al contempo condizionano l’effettiva possibilità dell’individuo di partecipare al patrimonio generale (si legga: mercato del lavoro e mercato dei beni). A partire da questa distinzione nodale, l’autore sviluppa due linee argomentative parallele e indipendenti tra loro, distinguibili di per sé nonostante l’arbitraria articolazione unilineare con cui i loro rispettivi momenti appaiono ordinati (sarebbe meglio dire “confusi”) nell’esposizione del capitolo: quella che riconosce come punto di partenza le disuguaglianze patrimoniali (crisi economiche e potere di polizia) e quella che deriva come conseguenza della differenza delle abilità (Stände e corporazione)[13], concedendo preminenza a quest’ultima in quanto è attraverso questo alveo concettuale che, essenzialmente, pretenderà di legittimare il trapasso dialettico dalla società civile allo stato[14]. Ora, il compito filosofico sarebbe dovuto consistere qui nel dimostrare in maniera concreta la necessità immanente di tale movimento concettuale. Aver dimostrato per quale motivo il sistema dei produttori privati necessiti della corporazione, in quale senso essa sia pertinente alla razionalità economica borghese. Riteniamo che l’argomentazione esposta come giustificazione logica di questa mediazione non risulti sostanziale in una prospettiva dialettica; in altre parole, che la presenza dell’istituzione corporativa nel passaggio dalla società civile allo stato sia carente di Notwendigkeit.

Al contrario, riteniamo sia nello spiegamento delle disuguaglianze patrimoniali, che Hegel sviluppa affrontando il potere di polizia dello stato [15] – con la contrapposizione delle classi sociali (FD.§243), la generazione della plebe (FD.§244), la crisi di sovrapproduzione (FD.§245), la necessità del colonialismo (FD.§246) e di un mercato mondiale (FD.§247) coloniale (FD.§248) –, dove è possibile capire chiaramente la necessità per la società civile di una istanza etica superiore – universale e cosciente – capace di scongiurare il pericolo della propria autodistruzione. In effetti, l’implementazione di una politica globale di previdenza sociale, la conquista di mercati stranieri, la pianificazione di una colonizzazione sistematica e, in ultimo, l’instaurazione di un mercato mondiale-coloniale – condizioni sine qua non per superare le crisi ricorrenti –, costituiscono intraprese che per la loro portata trascendono di molto le capacità limitate dell’iniziativa privata, e risultano fattibili solamente se si trovano assoggettate a una politica economica centralizzata (FD.Agg.§248). La linea concettuale che si svolge a partire dal principio delle diseguaglianze patrimoniali è, quindi, l’unica che legittima in modo immanente la necessaria subordinazione della società civile rispetto al potere statale. Solo così si può parlare con proprietà – sulla base del modello hegeliano di scienza – di una “dimostrazione scientifica del concetto dello stato”, che mentre diviene “risultato” del processo dialettico dimostra di essere, proprio per quello, il “verace fondamento” dei momenti etici che la precedono, cioè a dire, della famiglia e della società civile (FD.Ann.§256).


8. Necessità di una ricostruzione concettuale
ed espositiva della società civile

Pertanto, presupposto fondamentale della nostra interpretazione: che la società civile risulta intellegibile – in termini di principi metodologici che lo stesso Hegel ha stabilito nella sua opera politica – solo quando la si concepisce sulla base delle disuguaglianze patrimoniali, cioè sul movimento concettuale che comprende, come momenti propri, il sistema dei bisogni, le crisi produttive e il potere di polizia. Però Hegel, cercando di neutralizzare le pericolose conseguenze socioeconomiche che questa dialettica implicava per il proprio progetto etico di unità politica sostanziale, l’ha subordinata a un modello cetuale e corporativo – uno spiegamento parallelo e indipendente da quella dialettica –, giustificato con l’argomento ovvio ma irrilevante della differenza delle abilità che, dal canto suo, riconosce come momenti interni al sistema dei bisogni gli Stände e la corporazione. Questa astuzia argomentativa gli ha consentito di ristabilire la corrispondenza strutturale tra logica e diritto e reincanalare il movimento civile nella direzione della mèta prefissa e riassicurata dalla Scienza della logica. È stato in questo modo che ha perso di vista la necessità intrinseca al concetto, in senso contrario alla sua stessa prospettiva metodologica.

Orbene, va da sé che la nostra proposta di lettura esige non solo una ricostruzione concettuale ma anche espositiva della società civile. Dal momento che si pretende di riscattare unicamente i contenuti del testo hegeliano che effettivamente rispondono alla necessità immanente alla cosa stessa, si è obbligati di fatto ad abbandonare la partizione che presenta il “guscio” espositivo tenuto conto che questa stessa non corrisponde alle determinazioni interne del concetto.

Al tempo stesso, e come contropartita del riscatto concettuale, la nostra lettura impone una depurazione degli altri contenuti del capitolo che, invece, si mostrano estranei al concetto lì considerato. Il fatto è che nel testo hegeliano non c’è argomento che possa, in verità, legittimare la presenza della corporazione medievale nel flusso della razionalità economica borghese; meno ancora giustificare la posizione di privilegio che occupa nella partizione espositiva, cioè quella della Aufhebung del movimento civile e, in conseguenza, la via di passaggio alla sfera politica.

Infine: a) riscatto concettuale dei contenuti necessari; b) depurazione dai contenuti superflui; e, per conseguenza, c) ristrutturazione della partizione espositiva, costituiscono i tre momenti della ricostruzione della società civile che tenteremo in questo lavoro, in conformità – lo sottolineiamo ancora una volta – con i princìpi dialettico-metodologici che Hegel collocherebbe nella sua opera, i quali tuttavia egli sacrificò sull’altare di quella corrispondenza strutturale logico-etica che gli garantiva una definitiva Aufhebung dei conflitti sociali, economici e politici [16].

Vedremo, in ultimo, come il necessario spiegamento del concetto – liberato già da ogni ingerenza esterna e soggettiva – rivela che, a rigore, il risultato ultimo dell’eticità e, pertanto, il maggior fondamento della Filosofia del diritto, non è lo stato, bensì il mercato mondiale-coloniale, condizione ineludibile per superare gli squilibri economici che minacciano di abbattere l’intero sistema liberale di produzione e con esso il proprio potere politico. Così come la società civile, quindi, anche lo stato racchiude in sé la necessità di un trapasso a una totalità dialettica superiore.






APPENDICE III

RIEPILOGO

 
1. Obiettivo generale del saggio: esaminare e ricostruire il concetto hegeliano di società civile a partire dai principi concettuali e metodologici stabiliti, ma al contempo abbandonati, dallo stesso Hegel. Si tratta di postulati cardinali della sua concezione dialettica, esplicitati anche nella sua opera politica, vale a dire: a) la ragione o necessità [Notwendigkeit] immanente come nucleo del concetto (FD.§2 e relativa Ann.); b) la immediatezza, la riflessione e il superamento [Aufhebung] come momenti necessari del divenire concettuale (FD.§33); c) il necessario adeguamento dell’ordine espositivo all’ordine del concetto (FD.§33); e d) la totalità come verità dei suoi momenti particolari (FD.Ann.§3).


2. Ipotesi principale: la partizione espositiva della società civile non concorda con le determinazioni necessarie del concetto di quest’ultima sviluppato nelle Grundlinien. Il fatto è che la crisi di sovrapproduzione (FD.§245) – con le sue nefaste conseguenze socioeconomiche (FD.§§243, 244) –, dove ineluttabilmente sfocia la cieca razionalità del sistema dei bisogni, nonostante configuri la contraddizione “dialettica” della società civile (FD.§246), proprio quella che pone in essa la necessità di un trapasso allo stato, non occupa alcun posto in quella partizione.

2.1. Il significato specifico dei distinti momenti della società civile e della società civile nel suo insieme varierà, quindi, a seconda che lo si concepisca da una o dall’altra prospettiva:

2.1.1. Se si adotta come chiave di intellegibilità la partizione espositiva (A. Sistema dei bisogni; B. Amministrazione della giustizia e C. Potere di polizia e Corporazione), presupponendo – come ha fatto l’esegesi tradizionale della società civile hegeliana – che la sua struttura corrisponde alla struttura del concetto, assimilando ingenuamente una all’altra, allora il sistema dei bisogni emerge come il momento civile di maggior scissione etica, mentre il movimento generale dell’insieme acquista – al di fuori di ogni logica dialettica – la forma astratta di una evoluzione linearmente retta e ascendente;
2.1.2. Se, invece, scegliamo come chiave di comprensione le determinazioni necessarie impiegate nel testo hegeliano – prospettiva che adottiamo nella nostra lettura –, allora le crisi di produzione assumono una notevole rilevanza teorica in quanto si mostrano come lo stadio di contraddizione dialettica dell’eticità socioeconomica, il principio motore del suo concetto. Nello spezzare la conciliazione naturale coniugata dal sistema dei bisogni – che, in tal modo, recupera il suo significato più proprio, quello dell’unità immediata del concetto – esse imprimono dialetticità e circolarità al movimento globale della società civile, legittimando in una maniera necessaria e immanente il suo ogni oltre modo ingiustificato trapasso alla razionalità superiore dello stato.

È certo che entrambe le prospettive si respingono tra loro: mentre l’evoluzione retta e ascendente dello schema espositivo offre l’immagine di un graduale ma stabile processo di riconciliazione etica, lo spiegamento immanente e necessario del testo scorre “al di sotto” verso crisi economiche ricorrenti, divisione in classi sociali e conflitti civili.

2.2. Con la sua Filosofia del diritto, Hegel si proponeva di dimostrare che il predominio dell’eticità politica al di sopra di quella socioeconomica obbedisce non a imperativi etici soggettivi o esterni, bensì a necessità intrinseche alla stessa economia borghese. Perché è proprio la libertà di mercato che reclama una soluzione politica per le crisi che essa stessa genera e che, senza dubbio, da sé sola è incapace di superare. Ne deriva che, pur essendo il risultato dello spiegamento concettuale, lo stato non è qualcosa di condizionato, ma, in verità, il fondante stesso: la società civile si autodistruggerebbe senza il supporto statale. Pertanto, se venissero ignorate le crisi di produzione come istanza di contraddizione dialettica del processo, non risulterebbe possibile – sulla base della concezione hegeliana di scienza –una “dimostrazione scientifica del concetto dello stato” (FD.Ann.§256): l’ambito politico apparirebbe in connessione esterna rispetto a quello socioeconomico; in nessun modo lo stato potrebbe essere considerato il “risultato” necessario e, perciò, “verace fondamento” della società civile (FD.Ann.§256).

2.3. E anche se concettualmente non ha potuto prescindere da esse, Hegel non ha concesso alle crisi economiche il posto che legittimamente corrisponde loro nella struttura dell’esposizione. E ciò non è dovuto a una imprecisione espositiva dell’autore, bensì alla sua propensione a minimizzare la gravità delle stesse poiché minacciavano di trasferire alla sfera politica la sua sequela di conflitti sociali, rendendo illusoria la possibilità della riconciliazione etica “sostanziale” (FD.§258) che Hegel sperava dallo stato.

Il suo progetto politico mirava a recuperare la bella totalità della polis greca – ideale giovanile a cui non rinunciò mai – senza per questo negare all’individuo – e qui la novità della sua concezione etica matura – il legittimo diritto a una esistenza libera e autonoma. Ma nello sviluppare il principio della particolarità, nucleo del concetto di società civile, il suo movimento necessario sfociò direttamente in quelle crisi strutturali che scatenano una contrapposizione classista in seno alla struttura sociale. Fu allora che, per salvare il suo progetto etico, incompatibile con la divisione in classi, le relegò in un secondo piano concettuale ed espositivo in senso contrario ai suoi stessi principi filosofici.

Per questo motivo l’obiettivo specifico della nostra ricostruzione consisteva nel recuperare il momento riflesso della società civile, dimostrare che effettivamente esiste, benché relativizzato, abbozzato e nascosto dalla Aufhebung parziale che traccia il potere di polizia. Inammissibilmente la partizione espositiva lo incasella in questo processo di riconciliazione etica – come se facesse parte dello stesso – quando, paradossalmente, costituisce proprio quello che il potere di polizia deve superare ed eliminare.

2.4. Questo potere dello stato (FD.§287) dimostra di essere l’unica istanza capace di superare le crisi civili facendo delle eccedenze economiche e demografiche da esse generate – e il negativo diventa positivo – forze attive di una penetrazione coloniale “sistematica” (FD.§248), i cui benefici consentiranno di recuperare l’equilibrio perduto potenziandolo a livelli superiori di crescita e abbondanza. Parallelamente a questo intervento estero, il potere di polizia implementa una politica interna di previdenza sociale, prevenzione e controllo del conflitto (FD.§§231-242), al fine di mitigare nei poveri il sentimento di ingiustizia e di abbandono, neutralizzare il pericolo di esplosione sociale e garantire la possibilità di una convivenza pacifica fra la classe legata al lavoro (FD.§243), la plebe emarginata (FD.§244) e la classe più ricca della società civile (FD.§245).

2.5. Ma non si vede in che senso la corporazione possa essere considerata la Aufhebung interna della società civile (FD.§255) quando non apporta nulla di concreto per superare quella contraddizione. L’etica corporativa risulta impotente di fronte al risentimento della plebe, di fronte al problema della disoccupazione generalizzata e al fenomeno della saturazione del mercato interno. La sua presenza nel testo hegeliano non corrisponde, quindi, a una necessità immanente al movimento dell’economia borghese, bensì, a dispetto di Hegel, solamente a una sua decisione personale.

Il suo progetto etico esigeva un approfondimento della parziale riconciliazione consumata dal potere di polizia poiché, anche se controllata, lasciava in piedi la divisione classista della struttura sociale. Hegel, allora, aggiunse per conto proprio un quarto momento civile al fine di creare le condizioni sociali propizie per la realizzazione dell’unità concreta nella sfera dello stato. Fu così che resuscitò la figura storicamente anacronistica della corporazione – un resto medievale nella Germania del suo tempo –, del tutto estranea alla razionalità della società capitalista ma mirabilmente funzionale con le mete contemplate nel suo progetto politico.

2.6. Sviluppando il concetto di proprietà in ambito del diritto astratto Hegel scrive: “Nel rapporto a cose esteriori il razionale è che io possegga proprietà [...]. Che cosa e quanto io possegga, è [invece] un’accidentalità giuridica” (FD.§49). “L’istanza talora avanzata dell’uguaglianza nella spartizione della terra o magari del patrimonio ulteriormente disponibile – segnala nell’Annotazione corrispondente – è un intellettualismo [...] vuoto e superficiale”. Facendo appello a ragioni simili a quelle qui esposte da Hegel, sarebbe possibile argomentare: in relazione alle crisi economiche, la cosa razionale è che siano superate. Quanto profondo debba essere questo superamento è però contingente per l’etica. L’esigenza che raggiunga un livello di riconciliazione completa dei fini individuali e universali – come quella vagheggiata da Hegel (FD.Ann.§258) – costituisce un giudizio dell’intelletto vuoto e superficiale.


3. Ipotesi secondaria: nel passaggio dalla società civile allo stato ci sono, a rigore, non una ma due linee di sviluppo (tre con l’amministrazione della giustizia), parallele e indipendenti tra loro, distinguibili di per sé nonostante l’arbitraria articolazione unilineare con cui sembrano ordinati (sarebbe meglio dire “confusi”) i loro rispettivi momenti nell’esposizione del capitolo.

3.1. Ogni linea obbedisce a principi etici distinti.

3.1.1. Una corrisponde al movimento delle disuguaglianze patrimoniali (FD.§200), che condizionano l’effettiva partecipazione del singolo al patrimonio generale essendo, al tempo stesso, un risultato di questa partecipazione (ossia, a. Sistema dei bisogni). Il suo spiegamento si spezza con la contrapposizione delle classi sociali (FD.§243), la generazione della plebe (FD.§244) e il fenomeno della sovrapproduzione (FD.§245) (cioè, b. Crisi economiche). Culmina recuperando il suo equilibrio – un equilibrio relativo ma reale e concreto – mediante l’implementazione di politiche di previdenza sociale, prevenzione e controllo del conflitto (FD.§§231-242) e di una politica di espansione coloniale (FD.§§246-248) (pertanto, c. Potere di polizia). Questo movimento concettuale sfocia necessariamente nello stato, unica istanza in grado di pianificare e implementare questa serie di politiche interne ed estere.

3.1.2. La seconda linea – che Hegel privilegia alla precedente – corrisponde, invece, all’argomento della differenza delle abilità. Nasce con il principio della divisione del lavoro (FD.§198) e la mutua dipendenza che essa genera (FD.§199); anche qui è “condizione per la” e, contemporaneamente, “conseguenza della” partecipazione del singolo al patrimonio generale (FD.§200) (a. Sistema dei bisogni). Si va consolidando mentre si articola come una totalità organica di sottosistemi cetuali (FD.§§201-207) (cioè, b. Stände). Infine sfocia in (c.) l’unità etica della corporazione (FD.§§250-255). Anche qui trascende l’ambito civile e si proietta nella sfera dello stato determinando la struttura interna della sua organizzazione politica (FD.§290): dallo Stand agricolo deriva la camera dei senatori (FD.§§305 e ss.), da quello industriale quella dei deputati (FD.§§308 e ss.). Porta a compimento in questo modo – almeno in apparenza – la missione etica per la quale fu generata: riconciliare senza fratture il principio civile della particolarità con quello politico dell’universalità.

3.2. Ogni linea di sviluppo corrisponde a logiche differenti.

3.2.1. Lo spiegamento della differenza delle abilità riproduce un modello evolutivo retto e ascendente. Mancando una frattura intermedia non si origina lì la Notwendigkeit di una Aufhebung dialettica. La sua proiezione sul terreno politico potrà obbedire a un postulato del dover essere, a un progetto personale dell’autore, ma in nessun modo a una ragione interna alla cosa stessa.

3.2.2. Dallo spiegamento delle disuguaglianze patrimoniali deriva, invece, la più esatta evidenza della necessità che la libertà di mercato ha di una regolazione e pianificazione statale. In nessun altro sviluppo si mostrerà con tanta nitidezza in che senso lo stato costituisca il “verace fondamento” della società civile, la sua condizione di possibilità. In nessun altro spiegamento concettuale si evidenzierà in modo tanto chiaro l’ingenuità della tesi di non intervento impiegata dalla teoria economica classica.

3.3. Cercando di neutralizzare le sue pericolose conseguenze socioeconomiche, Hegel ha deciso di subordinare il principio delle disuguaglianze patrimoniali a un modello cetuale e corporativo, giustificato con l’argomento ovvio ma irrilevante, anacronistico e inconsistente della differenza delle abilità. Irrilevante: Hegel è dovuto ricorrere alla nozione di Klasse (FD.§243, Agg.§244, §245, Ann.§253) giacché con quella di Stand non avrebbe potuto concettualizzare le contrapposizioni socioeconomiche provocate dalle crisi cicliche. Anacronistico: l’autore stesso riconosce la moderna eliminazione delle istituzioni corporative (FD.Ann.§245, Agg.§255, Agg.§290). Inconsistente: dietro la facciata cetuale-corporativa della società civile e dello stato fondato sulla rappresentazione politica di interessi teoricamente settoriali si nascondono, senza troppa dissimulazione, irriducibili relazioni di classe: con la nozione di Stand agricolo Hegel si riferisce, in realtà, alla classe dei proprietari terrieri (FD.§203 e Ann., Ann.§253, §§305-306); con quella di Stand industriale, alla classe dei capitalisti industriali (FD.§310 e Ann.). Così, la riconciliazione politica del particolare e dell’universale, che Hegel proclama al termine dell’opera come realizzazione della libertà, arriva solo a consumarsi come privilegio di un settore minoritario della società civile. Il che equivale a dire che lo stato hegeliano, in apparenza cetuale e corporativo, è, per suo stesso concetto, uno stato di grandi proprietari. Ecco perché la nostra proposta di eliminare questa linea argomentativa non può avere altra conseguenza che quella di assumere ciò che in ogni modo il progetto corporativo di Hegel non ha potuto evitare: uno stato contaminato dalla frattura classista della struttura sociale.

3.4. Relegando in secondo piano lo spiegamento delle disuguaglianze patrimoniali – ossia ciò che di dialettico c’è nella società civile – in favore dell’argomento delle differenza delle abilità, eretto a colonna portante del suo sistema etico, Hegel ha ristabilito in maniera fittizia la corrispondenza strutturale tra logica e diritto, eclissata dalla scissione classista, ricacciando il movimento civile sui binari concettuali predeterminati dalla Scienza della logica. Il fatto è che tale simmetria – ammessa come presupposto nella sua opera politica (FD.Pref.p.40, S.4; §2; Ann.§7; §§31 y 33) – garantiva che l’unità finale raggiunta al di sopra di ogni dualismo nella sfera del puro pensiero – sintesi dell’idea assoluta – si sarebbe dovuta imporre anche nel campo del diritto, superando infine tutte le opposizioni economiche, sociali e politiche – riconciliazione dello stato assoluto –. Fu questa ossessione di plasmare un’unità etica senza fratture che portò Hegel a perdere di vista la Wirklichkeit del concetto e impregnare la sua filosofia politica di uno spirito normativo che egli stesso screditava come utopico e astratto.


4. Terza ipotesi: la dialettica delle disuguaglianze patrimoniali pone nella società civile la necessità di due movimenti di trapasso: al mercato mondiale-coloniale, da un lato (FD.§246), e allo stato, dall’altro (FD.§256). Perché, è chiaro, senza stato la società dei produttori privati non sarebbe capace di estendere il commercio su scala universale (FD.§247), né di implementare una politica di colonizzazione sistematica (FD.§248), condizioni inesorabili per superare gli squilibri economici che, con le loro contrapposizioni classiste, minacciavano di far crollare l’intero sistema capitalista di produzione e con lui lo stesso potere statale. Per aspirare, allora, a una reale – anche se sempre limitata e relativa – riconciliazione civile e politica delle classi sociali – e non potrebbe stare in piedi diversamente – lo stato deve [muss] subordinare la sua sovranità interna alla cieca necessità del mercato mondiale.

Hegel considerava gli stati “individui sovrani” (FD.§321), “autonomi” (FD.§§ 322, 332), “indipendenti” (FD.§§322, 330), “potenze assolute” (FD.§§323, 331), “interi [Ganze: un tutto] appagantisi entro di sé” (FD.§332). Non ammetteva, pertanto, la possibilità di “una volontà universale costituita a potere sopra di essi” (FD.§333). Ecco perché, secondo lui, il diritto politico internazionale non avrebbe potuto adottare nient’altro che la forma contingente – cioè non soggetta a necessità alcuna – di un “dover essere” (FD.§330). Ma il commercio universale, operando come una sorta di sistema internazionale dei bisogni, genera, fra gli stati particolari, diritti e obblighi, non in funzione di imperativi etici esterni o soggettivi – passibili pertanto di essere accettati o rifiutati con impunità –, bensì in virtù della dipendenza reciproca che genera la connessione multilaterale dei mutui bisogni e produzioni. E anche se questa riconciliazione etica è imperfetta, e per quanto la guerra si mantenga in essa come una possibilità sempre latente, ancora così il mercato mondiale-coloniale si rivela, concettualmente, come il vero risultato dell’eticità e, per lo stesso motivo, chiave di intellegibilità e fondamento ultimo della Filosofia del diritto.

4.1. Al di sopra della molteplicità degli stati particolari si erge, quindi, la totalità più ampia – questa, in verità, unica, indipendente e autonoma – del mercato mondiale-coloniale che, pertanto, reclama il proprio diritto come nuova figura dello spirito del mondo. Un individuo pienamente universale, anche se in alcun modo riconciliato nei termini che Hegel pretendeva, dal momento che era nato e cresciuto spezzato dalla frattura del colonialismo, il neocolonialismo e i molteplici modi della dipendenza. Nel contesto della totalità del sistema economico internazionale il progetto hegeliano di una Aufhebung etica assoluta diventa ancora meno realizzabile.

4.2. Hegel concepì il mercato mondiale-coloniale come la condizione di possibilità della società civile borghese, come valvola di sfogo per la sovraofferta di mano d’opera e l’eccesso di mercanzie generati dagli squilibri produttivi. Si tratta di una configurazione multilineare in cui l’arretramento e il progresso intervengono come momenti necessari di una stessa totalità. Tuttavia, e sorprendentemente, questa totalità è assente e non conta, per lui, nella storia moderna dello spirito. Il fatto è che arrestando lo spiegamento delle disuguaglianze patrimoniali, Hegel snaturò la connessione dialettica interna fra la società civile e lo stato, e disarticolò la relazione esterna (anche se esterna solo in apparenza) di questi con il contesto economico mondiale. Fu così che la realtà dello spirito rimase – in direzione opposta alla storia del suo tempo – limitata e circoscritta alla sfera dello stato, una sfera attraversata, superata e rimpiazzata dalla complessa trama delle relazioni economiche internazionali.

4.3. Furono proprio i teorici della dipendenza – non invano tributari della logica di Hegel – che riscattarono il mercato mondiale-coloniale come totalità etica più ampia e chiave di intellegibilità della storia moderna e contemporanea. Si capisce, allora, che esaminando e ricostruendo il concetto hegeliano di società civile da questa prospettiva latinoamericana non abbiamo fatto altro che ripensare a Hegel dal suo stesso orizzonte concettuale.



BIBLIOGRAFIA


Opere di Hegel:

(FSJ) (1805-1806) Filosofia dello spirito jenese, traduzione di G. Cantillo, Roma-Bari 2006. Jenaer Systementwürfe III, tomo 8 di G.W.F.Hegel. Gesammelte Werke, ed. Rolf-Peter Horstmann, Hamburg 1976.

(FS) (1807) Fenomenologia dello Spirito, traduzione di V. Cicero, Milano 2006. Phänomenologie des Geistes, ed. H-F Wessels y H. Clairmont, Hamburg 1988.

(LFD) (1818-1819) Lecciones sobre Filosofía del derecho, Berlín 1818/1819, según los manuscritos de G. Homeyer y P. Wannenmann, traduzione dal tedesco di Luisa H. de Meyer, Morón 1983.

(FD) (1821) Lineamenti di filosofia del diritto. Diritto naturale e scienza dello stato in compendio, traduzione di G. Marini, Roma-Bari 2005. Grundlinien der Philosophie des Rechts oder Naturrecht und Staatswissenschaft im Grundrisse, ed. Johannes Hoffmeister, Hamburg 1955. Per le Aggiunte, che E. Gans ha incluso nella sua edizione del 1833, abbiamo consultato l’edizione di Eva Moldenhauer e Karl M. Michel, Frankfurt 1982.

(LSF) (1825-1826) Lezioni sulla storia della filosofia (più i manoscritti hegeliani relativi alle introduzioni ai corsi del 1820 e del 1823), traduzione di R. Bordoli, Roma-Bari 2009. Einleitung in die Geschichte der Philosophie, ed. Johannes Hoffmeister, Hamburg 1966.

(E) (1830) Enciclopedia delle scienze filosofiche, traduzione di V. Cicero, Milano 2000. Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, ed. Friedhelm Nicolin und Otto Pöggeler, Hamburg 1991.

(SL) (1832) Scienza della logica, trad. Arturo Moni, rev. della trad. Claudio Cesa, Laterza, Roma-Bari 1984. Wissenschaft der Logik. Die Lehre vom Sein, ed. Hans-Jürgen Gawoll, Hamburg 1990.



Altre opere citate:


Albizu Edgardo L., (2000) Hegel, filósofo del presente, Buenos Aires 2000.

Amengual Gabriel, (1986) “Introducción” a Estudios sobre la Filosofía del derecho de Hegel, AA.VV., Madrid 1989, pp. 11-65.

Bobbio Norberto, (1967) Hegel y el iusnaturalismo, in Estudios sobre la Filosofía del derecho de Hegel, AA.VV., Madrid 1989, pp. 377-406.

Bourgeois Bernard, (1972) El pensamiento político de Hegel, Buenos Aires 1972.

Dotti Jorge, (1983) Dialéctica y derecho. El proyecto ético-político hegeliano, Buenos Aires 1983.

Dussel Enrique, (1985) La producción teórica de Marx. Un comentario a los Grundrisse, México 1985.

Habermas Jürgen, (1976) Per la ricostruzione del materialismo storico, traduzione di F. Cerutti, Milano 1979.

Ilting Karl-Heinz, (1971) La estructura de la “Filosofía del derecho” de Hegel, in Estudios sobre la Filosofía del derecho de Hegel, AA.VV., Madrid 1989, pp. 67-92.

Llanos Alfredo, (1987) Notas y comentarios a propósito de su traducción de Fundamentos de la filosofía del derecho de Hegel, Buenos Aires 1987.

Marcuse Herbert, (1941) Ragione e rivoluzione. Hegel e il sorgere della “teoria sociale”, traduzione di A. Izzo, Bologna 1968.

Marini Giuliano, (1979) Struttura e significati della società civile hegeliana, in Il pensiero politico di Hegel, Roma-Bari 1979, pp. 57-82.

Marx Karl, Engels Friedrich, (1835-1895) Opere complete, traduttori vari, Roma 1972-
(1845) L’ideologia tedesca, traduzione di F. Codino, Roma 2000.

Marx Karl, (1847) Miseria della Filosofia, traduzione di L. Maitan, Roma 1968.
(1859) Per la critica dell’economia politica, traduzione di E. Cantimori Mezzomonti, Roma 1974.
(1873) Il capitale. Critica dell’Economia politica, Libro primo, traduzione di D. Cantimori, Torino 1975.

Mazora Martín, (1994) Hegel: dialéctica de la Sociedad civil. ¿Diferencia de las habilidades o desigualdad de los patrimonios?, in El pensamiento en los umbrales del siglo XXI, AA.VV., Buenos Aires 1994, pp. 181-184.
(1997) Hegel: Dialéctica económica e historia universal, in Saber del Tiempo, Tiempo del Saber, AA.VV., Buenos Aires 1997, pp. 115-122.

Pelczynski Zbigniew, (1971) La concepción hegeliana del Estado, in Estudios sobre la Filosofía del derecho de Hegel, AA.VV., Madrid 1989, pp. 249-288.

Peperzak, Adriaan, (1983) Los fundamentos de la ética según Hegel, in Estudios sobre la Filosofía del derecho de Hegel, AA.VV., Madrid 1989, pp. 93-120.

Prieto Fernando, (1983) El pensamiento político de Hegel, Madrid 1983.

Ribeiro Darcy, (1967) Le Americhe e la civiltà, volume primo, traduzione di A. Pescetto, Torino 1975.
(1968) Il processo civilizzatore. Tappe dell’evoluzione socioculturale, traduzione di A. Pescetto, Milano 1973.

Riedel Manfred, (1982) El concepto de la “sociedad civil” en Hegel y el problema de su origen histórico, in Estudios sobre la Filosofía del derecho de Hegel, AA.VV., Madrid 1989, pp. 195-222.

Smith Adam, (1759) Teoria dei sentimenti morali, traduzione di C. Cozzo, Roma 1991.
(1776) Ricerche sopra la Natura e le Cause della Ricchezza delle Nazioni, traduzione di A. Campolongo, Torino 1965.

Valcárcel Amelia, (1988) Hegel y la Ética, Barcelona 1988.

Vermal José Luis, (1988) “Comentario introductorio” (pp. 11-32) e note a proposito della sua traduzione dei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel, Barcelona 1988.



[1] L’espressione “società civile” [bürgerliche Gesellschaft] acquista con Hegel un significato fondamentalmente sociale di fronte al significato essenzialmente politico inerente la nozione classica di societas civilis in vigore ancora nel secolo XVIII in autori come Hobbes, Locke, Kant e Wolff. Fino ad allora – segnala Riedel (1982: 202-208) –, “cittadini” erano solamente quegli uomini che vivevano nello status civilis sive politicus, e su questo status si basava anche la societas civilis, che non poteva essere tema di una considerazione sociale, bensì unicamente politica. La società civile (koinonia politikê in Aristotele, societas civilis in Cicerone) era lo stato: polis o civitas. Stato e società non si erano ancora separati tra loro, piuttosto formavano strutture omogenee. Coloro che, al di sotto della sfera di cittadinanza politica pubblica, realizzavano, nell’ambito privato della casa, i lavori necessari per coprire i bisogni vitali, erano privi della posizione politica che conferiva la civilitas. Fu la rivoluzione industriale a trasferire l’economia (oikonomía, fino ad allora circoscritta alla sfera dell’oikos, la società domestica) all’ambito della società che, per questo motivo, cessò di essere sinonimo di società politica. Con l’emancipazione della società civile dal suo antico significato, il cittadino dello stato divenne al tempo stesso cittadino privato che si prende cura di sé e della propria famiglia, lavora, stipula contratti ecc., ma, parimenti – conclude Riedel –, lavora anche per l’universale, poiché lo ha come obiettivo.
            In seguito al fatto che il tedesco non dispone di due parole per esprimere i significati di “cittadino privato” e “cittadino dello stato”, Hegel si vide nella necessità di chiarire che “nella società civile l’oggetto è il [Bürger] cittadino (come bourgeois)” (FD.Ann.§190). Così, quindi, il Bürger, in quanto membro della società civile, è il cittadino privato, “la persona concreta, la quale come persona particolare è a sé fine” (FD.§182), cioè, in ultima istanza, il borghese. Mentre bürgerliche Gesellschaft significa, per estensione, la società dei produttori privati, la moderna società borghese, società dei proprietari privati, della produzione capitalista industriale che Hegel vedeva svilupparsi storicamente in Inghilterra (FD.Ann.§245) e plasmarsi teoricamente nell’economia politica classica (FD.Ann.§198). Ma a differenza della tradizione liberale, che pensa la società in opposizione allo stato, Hegel concepì tale relazione a partire dalla funzione “mediatrice” degli Stände e le corporazioni (FD.§302), istituzioni che collegherebbero – questa la pretesa hegeliana – l’eticità civile con l’eticità politica, gli interessi particolari con quelli universali della comunità, in una maniera tale che la società civile e lo stato appaiono, nella sua Filosofia del diritto, come momenti distinguibili (segno dei nuovi tempi) ma al tempo stesso inseparabili (sopravvivenza della concezione politica classica) del sistema dell’eticità.
[2] Marx (1873: 19): “La cosa che più incisivamente fa sentire al borghese, uomo pratico, il movimento contraddittorio della società capitalistica – scrive nel poscritto alla seconda edizione tedesca de Il Capitale – sono le alterne vicende del ciclo periodico percorso dall'industria moderna, e il punto culminante di quelle vicende: la crisi generale. Essa è di nuovo in marcia, benché ancora sia agli stadi preliminari; e per l’universalità del suo manifestarsi, come per l’intensità dei suoi effetti inculcherà la dialettica perfino ai fortunati profittatori del nuovo sacro impero borusso-germanico”.
            [3] A rigore, Hegel parla del “commercio” e del suo “significato storico-mondiale” (FD.§247).
            [4] Niente è più estraneo alla Filosofia – scrive nel prologo alle sue Grundlinien – che voler “costruire uno stato come dev’essere”, giacché ciò che essa tratta è, al limite, “insegnare come deve venir conosciuto” (Pref.p.15; S.15-16).
            [5] SL.p.56; S.60.
[6] I verbi tedeschi müssen e sollen significano “dovere”, anche se il primo ha implicitamente una sfumatura di necessità e inesorabilità che il secondo – più vicino alla sfera morale – non ha. Così, per esempio, muss zeigen significa “deve mostrare”, sottintendendo però “ineludibilmente”. Dato che in italiano non è possibile fare questa distinzione, quando sarà il caso segnaleremo fra parentesi quadre il verbo müssen o le sue forme coniugate.
            [7] SL.pp.42-43; S.45.
            [8] Si veda anche FD.§2, Ann.§7, §§31 e 33.
            [9] Dotti (1983: 18): “Hegel porta in primo piano la correlazione tra mediazione idealistica e conciliazione etica [cioè, tra Logica ed Etica] dal momento che il filo conduttore del suo pensiero consiste nel tentativo di superare ogni forma di dualismo mediante il riconoscimento della realizzazione o presenza effettiva, nel mondo spirituale, di quelle categorie o figure ideali che la logica espone nella loro purezza”. In certa misura, la critica che Jorge Dotti dirige al concetto di eticità della Filosofia del diritto di Hegel – il passaggio citato condensa la sua tesi centrale – costituisce un presupposto proprio per la nostra interpretazione. Alla fine del saggio (Appendice I) presentiamo un riassunto delle obiezioni che tale critica secondo noi ha meritato.
            [10] I brevi ma significativi e niente affatto ambigui riferimenti alla nozione di classe (Klasse) appaiono in FD.§§243, Agg.244 e 245, esattamente i paragrafi in cui Hegel descrive il fenomeno delle crisi produttive. La nozione di classe appare nuovamente, per la quarta e ultima volta, in FD.Ann.§253, in occasione di un commento in cui Hegel fa riferimento a FD.§244.
[11] La traduzione in italiano di Stand (istituzione sociale, economica e politica che affonda le sue radici nel Feudalesimo) è problematica. Nella sua traduzione delle Grundlinien (FD.), Marini la traduce con ‘stato’ tra virgolette, riservando stato senza virgolette per tradurre Staat (istituzione suprema del potere politico). Si può tradurre anche con “ordine” o “ceto”. Per evitare confusioni, nel nostro lavoro utilizzeremo direttamente – salvo poche eccezioni – la parola tedesca.
[12] Alcune volte Marini traduce Geschicklichkeit con “attitudine” (FD. §§200, 251 e 310), e altre con la parola – con un significato più concreto, e che noi preferiamo – di “abilità” (FD. §§199, 207 e Ann.308).
            [13] È esclusivamente per le sua capacità, abilità e talento – cioè indipendentemente dalla sua situazione patrimoniale – che qualcuno appartiene a uno Stand o è membro di una corporazione.
            [14] La nostra interpretazione contempla, quindi, che l’amministrazione della giustizia, il potere di polizia e la corporazione non costituiscono fasi successive di uno stesso sviluppo concettuale bensì tre mediazioni parallele tra il sistema dei bisogni e lo stato (più avanti torneremo a trattare questo problema). Nel libro ci occupiamo solo tangenzialmente del concetto di amministrazione della giustizia, tenuto conto della sua posizione marginale rispetto alla problematica specifica posta dal nostro lavoro.
[15] Due ragioni ci spingono a tradurre la nozione hegeliana di Polizei con l’espressione “potere di polizia”. In primo luogo, perché con quel termine Hegel fa riferimento non a ciò che intendiamo oggi con la parola “polizia” – traduzione letterale di Polizei – bensì al potere dello stato incaricato di sorveglianza, prevenzione e regolamentazione interna del sistema dei bisogni e, al tempo stesso, al potere statale di regolamentare le risorse e i benefici esterni che fornisce una colonizzazione sistematicamente organizzata (FD.§248). E, in secondo luogo, perché in FD.§287 Hegel stesso utilizza l’espressione polizeilichen Gewalten, cioè potere di polizia. In quel punto spiega che potere di polizia e potere giudiziario – “i quali più immediatamente hanno relazione con l’elemento particolare della società civile, e fanno valere in questi fini l’interesse generale” – costituiscono istanze del potere governativo [Regierungsgewalt] dello stato.
            [16] È chiaro che anche quei princìpi metodologici – ci riferiamo, fondamentalmente, a 1) la Notwendigkeit immanente come nucleo del concetto (FD.§2 e rispettiva Ann.); 2) la immediatezza, la riflessione e la Aufhebung come momenti di un divenire concettuale (FD.§33); 3) il necessario adeguamento dell’ordine espositivo all’ordine del concetto (FD.§33); e 4) la totalità come verità dei suoi momenti particolari (FD.Ann.§3) – implicano una subordinazione della Filosofia del diritto alla Scienza della logica. Tuttavia, tale corrispondenza metodologica non deve necessariamente raggiungere – come ha fatto Hegel nelle sue opere – la dimensione di una corrispondenza strutturale che in maniera predeterminata obblighi ogni concetto a chiudere il circolo del suo sviluppo globale con un superamento assoluto di tutte le differenze interne che hanno dinamizzato fino a quel punto la sua evoluzione logica. Prova di questa corrispondenza strutturale è l’analogia esistente tra il periplo del concetto puro nella SL (che sfocia nell’idea“assoluta”), il divenire della coscienza nella FS (che termina nel sapere “assoluto”), e lo spiegamento della libertà nella FD (che culmina in uno stato ugualmente “assoluto”).
            Hegel, certamente, definisce lo stato come la “unità sostanziale”, come l’“assoluto immobile fine in se stesso, nel quale la libertà perviene al suo supremo diritto” (FD.§258); in questa “unione – dice – la destinazione degli individui è di condurre una vita universale” (FD.Ann.§258).